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Cronaca di una diaspora

La comunità italiana rimane più o meno come si era stabilizzata intorno agli anni Trenta fino al secondo conflitto mondiale. La fine della seconda guerra mondiale porta come conseguenza in Tunisia un certo numero di espulsioni da parte delle autorità francesi e qualche nuovo arrivo, prevalentemente soldati che alla fine delle ostilità tornano per sposarsi con un'italiana del luogo. Ma questi casi non sono così numerosi da modificare i dati in modo sensibile, mentre le espulsioni sono molteplici (le cifre oscillano fra 1200 e 3000) e colpiscono, senza troppo distinguere, gli agitatori fascisti, ma anche gli intellettuali in genere, o comunque gran parte di coloro che possiedono titoli di studio elevati, e persino, in qualche caso, degli antifascisti notori. A far diminuire la popolazione italiana c'è anche la spinta alla naturalizzazione che la Francia portò avanti sin dall'inizio del protettorato, ma con maggior determinazione a partire dal primo dopoguerra. (v. La question italienne)

Alla data dell'indipendenza tunisina (1956), gli Italiani sono 66 500, ma nel giro di sei anni la comunità si dimezza passando da 66 500 nel 1956, a 51 700 nel 1959 e a 33 000 nel 1962.

Se sono ovvie le ragioni per cui i Francesi abbandonarono il paese, i motivi per cui gli Italiani decisero di partire sono molto più complessi, anche se si possono facilmente individuare nella lenta ma inesorabile "tunisificazione" del paese. Alcune leggi di fatto tagliarono fuori dal mercato del lavoro un buon numero di Italiani, a cominciare dal provvedimento del marzo 1958 che impose la sostituzione degli autisti stranieri con Tunisini nelle zone cosiddette 'd'emergenza ' e cioè lungo i confini con l'Algeria in cui era in corso la guerra di liberazione. Nello stesso anno, un altro provvedimento impose ai datori di lavoro l'obbligo di assumere soltanto apprendisti tunisini. Ad essere dunque colpiti per primi furono i lavoratori dipendenti.

Ma anche coloro che avevano investito i propri capitali in attività commerciali vennero rapidamente travolti dall'opera di decolonizzazione: innanzi tutto i tassisti ai quali fu sottratta la licenza nel giro di pochi giorni, i commercianti a cui veniva concessa la 'carte de commerçant ' in via provvisoria e dunque con possibilità di revoca, in quanto le attività commerciali potevano essere esercitate soltanto da cittadini tunisini. Infine, nel 1964, la nazionalizzazione delle terre appartenenti a stranieri colpì un gran numero di agricoltori italiani che, con fatica e senza nessun tipo di contributi statali (a cui peraltro non avevano avuto diritto in quanto stranieri), nell'arco di una cinquantina d'anni, erano riusciti a raggiungere condizioni di vita soddisfacenti.

Tali provvedimenti crearono un clima di incertezza ed incoraggiarono l'esodo. Anche da un punto di vista psicologico, gli Italiani sentivano che l'avvenire appariva senza prospettive, che si stava definitivamente chiudendo un'epoca. Quindi, in quella situazione e in quel momento, appariva molto difficile fare una scelta diversa dalla partenza. Gli stranieri, ma soprattutto gli Italiani le cui attività erano ramificate in tutti i settori, sentirono - nel senso letterale del termine - il terreno mancare sotto i piedi. Non si posero nemmeno il problema se partire o restare. L'unica scelta che s'impose fu il paese europeo in cui stabilirsi: l'Italia o la Francia.

Molti scelsero la Francia, e non soltanto perché un certo numero aveva la nazionalità francese. Anche molti di coloro che erano rimasti cittadini italiani partirono per la Francia che sentivano culturalmente più vicina, mentre l'Italia appariva a tutti gli effetti un paese straniero. Altri scelsero comunque l'Italia "per fedeltà alle origini", come la maggioranza rispose ad un'inchiesta.

Di fatto la comunità italiana di Tunisia si sparpagliò fra i due paesi. A volte, nell'ambito della stessa famiglia, ci furono scelte diverse. Se mai partenza fu dolorosa, questa degli Italo - tunisini lo fu doppiamente, per l'abbandono del paese di nascita e per la separazione dai famigliari che allora fu vissuta come definitiva.

Strano destino per questa gente che visse in un paese colonizzato senza appartenere al mondo dei colonizzatori, ma che finì per subire in modo pesante le conseguenze della decolonizzazione.

Attualmente vivono in Tunisia circa 3000 italiani, di cui una minoranza (circa 900) appartenente alla vecchia comunità.


Fonti: L. Adda - N. Pasotti - M. Pendola



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